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venerdì 4 luglio 2008

FU UN MASSACRO!


“ALLA DIAZ E’ STATO UN MASSACRO!”

Questo ha detto il pm Francesco Cardona Albini, all’inizio della requisitoria nel processo che si tiene nell’aula bunker del tribunale. Il pm si riferiva alla repressione scoppiata dopo l’irruzione della polizia alla scuola Diaz durante il G8 a Genova.
Sono passati ormai 7 anni e i casini rimangono. La cosa più semplice da dire, ma che ormai non serve più a nulla, è una: i G8 vanno vietati per sempre!
Mi sono sempre dichiarato contro queste formazioni inutili e becere, queste congregazioni non coinvolgono e non danno alcun diritto e aiuto ai paesi sottosviluppati anzi il menefreghismo nei confronti di codesti paesi è stremante. La gente è solo capace di sfruttare e la collaborazione non esiste, anche se la cosa che fa più ridere è vedere l’Italia tra i paesi più industrializzati del mondo.
I fatti capitati al G8 di Genova sono da vedere sotto troppe ottiche diverse, da quello che ho potuto constatare io la colpa è da dare per metà alla polizia, i capi che se ne stanno a dirigere le azioni in ufficio, si intende!, e alcuni manifestanti che hanno osato fin troppo. Nel momento in cui si devasta un’occupazione e gli occupanti senza alcun motivo è evidente che la colpa è dei devastatori, ma se poi spostiamo gli occhi sull’ omicidio di Carlo Giuliani le carte in tavola cambiano. Se ne possono dire di tutti i colori, ma solo le macchine sanno mantenere il sangue freddo. Quando uno mi arriva sotto la camionetta con un estintore l’unica cosa è difenderti. In quei casi che fai? Dici di non ucciderti? Di stare calmo perché sta per buttare l’arma e si consegnerà ai black block? Ragioniamo un po’, gente!
Pensare che il prossimo G8 sarà fatto alla Maddalena mi viene da rabbrividire…

« La più grave sospensione dei diritti democratici in un paese occidentale dopo la seconda guerra mondiale. »

Questa frase fu detta da Amnesty International, devo dire che questa frase mi trova d’accordo anche se poi tutti quei diritti democratici non li vedevo nemmeno prima. La seconda repubblica era partita e i 5 anni del governo Berlusconi pure, ora ci ritroviamo così e spero tanto che l’Italia affondi in basso per capire che bisogna dare una svolta in fretta.

giovedì 3 luglio 2008

DA SEMPRE SGUAZZATO NEL SISTEMA…




Hanno saputo dominare la scena, diventare i mastini della libertà e dopo essersi ricreduti sul modello russo hanno imparato anche a sguazzare nel sistema italiano. Quel sistema che strizza l’occhiolino agli Usa e che compose un blocco contro quello sovietico nella guerra fredda. Di solito il comunismo un sistema capitalistico lo odia , quindi è normale che un partito comunista nato in un paese capitalista questo sistema lo voglia cambiare dalle fondamenta. Invece in Italia cosa sono riusciti a fare? In Italia hanno giocato d’astuzia e sulla pelle altrui, prima è stata costruita la facciata nel quale tutti i comunisti italiani lottano per i lavoratori e per la libertà e dietro la facciata ci sono i comunisti-capitalisti. Quelli che nel “sistema Italia” si sono bene integrati e non hanno problemi a farci pure affari e prendersi tutti i soldi che vogliono. Il problema qual è? Il problema è che la facciata è sostenuta da un bel muro in cemento armato con un lamierone di piombo in mezzo e davanti tutti i militanti che difendono, a loro insaputa, questa libertà e difesa dei lavoratori e in più tutti i finti comunisti che hanno fatto carriera in quei partiti.
Mi piacerebbe sapere da qualche comunista italiano se questa cosa gli è mai passata per la testa. Tempo fa, sentivo in tv un partigiano che spiegava il cambiamento della resistenza fino ai tempi nostri. Questo signore ha detto che la resistenza ritrova, oggi, tutti i valori in questa democrazia italiana, sapete che per la prima volta mi sono ritrovato d’accordo con un partigiano? Si, perché questo signore ha ragione. La democrazia di oggi è solo oclocrazia devastata da finti governanti e incapaci governatori la cui ricchezza va ad alcuni e gli altri si arrangiano. Si, tutto vero!

venerdì 16 maggio 2008

La repubblica italiana illegale...Che scandalo!


Voglio mettere questo post perchè mi sembra una cosa giusta, tutte le discussioni le lascio a voi...

Ecco perché la “Repubblica Italiana” LEGALMENTE NON ESISTE


Al momento del referendum monarchia / repubblica del 1946 erano legalmente territorio dello Stato Italiano anche le terre di Istria con Capodistria e Pola ecc, la Dalmazia con Spalato e Zara, e le Isole Adriatiche.
Queste terre erano “italiane” in base al Trattato di Rapallo del 1920
Dunque, seppure occupate dai Titini, erano terre che avevano il diritto di poter votare al referendum monarchia / repubblica del 1946, un diritto che avevano i cittadini “italiani” lì residenti : essi avevano il diritto di voto, che però non hanno potuto esercitare in maniera ingiustificata. NON FURONO COSTITUITI I COLLEGI PREVISTI DAL DECRETO.Purtroppo, non solo gli aventi diritto lì presenti non poterono votare, ma nemmeno quelle centinaia di migliaia di essi che fuggirono al genocidio Titino e vennero in italia.
E’ vero, il caos era tanto, c’era una guerra civile, ed infatti perfino Corfù e il Dodecaneso erano terre Italiane in virtù di una pretesa e eredità del Regno d’Italia dalla Repubblica Veneta, cosa per altro mai dimostrata , quindi lasciamo perdere la mancanza di voto in quei territorio e comunque questo rafforzerebbe il mio ragionamento.
Torniamo ai territori d’Istria, Dalmazia e isole: essi furono ceduti dalla neonata “repubblica italiana” solo con il Trattato di Parigi del 1947
Questo dimostra che al momento del voto del 1946 essi erano territori “italiani”.

Quindi, come può aver ceduto quei territori quella “repubblica” che da essi non era mai stata votata ?

E sopra tutto, è valido un referendum che riguarda la collettività dove solo una parte del territorio interessato o una parte della collettività vota ?
Dunque, chi rappresenta legalmente la Repubblica Italiana ? I territori del 1946 ? Quelli che erano Italiani del 1946 (e che lo erano anche dopo!) ?
Purtroppo bisogna ricordare che oltre a quei territori del levante veneto che ho detto, anche Trieste, Bolzano e TUTTO IL FRIULI non poterono votare al referendum.

Insomma MILIONI DI AVENTI DIRITTO AL VOTO non poterono votare al Referendum del 1946, pur essendo italiani con diritto di voto, e questo perché chi organizzò il referendum sbagliò oppure stava realizzando un colpo di stato.
Infatti è noto che gli italiani di Istria e Dalmazia erano per lo più di orientamento monarchico, e se avessero votato avrebbe certamente vinto la Monarchia.

Per altro, il referendum è macchiato da diverse irregolarità, per esempio non si è mai spiegata l’improvvisa comparsa nella notte dello scrutinio di 2 milioni di voti pro repubblica, appunto quello scarto che fece vincere la repubblica per 12.717.923 voti contro 10.719.284 voti per la monarchia .
Ma considerando che più di 2 milioni di aventi diritto non poterono votare, lo scarto di 2 milioni dei risultati ufficiali non è sufficiente per dare certezza che il risultato del referendum sarebbe stato lo stesso se essi avessero votato.
In pratica il referendum è nullo perché mancarono milioni di voti e dunque manca la legittimità alla repubblica italiana come soggetto derivante dal referendum.
Ripeto, i milioni di Istriani, Dalmati e delle isole dell’Adriatico che non votarono, oltre a Bolzano, il Friuli ecc, fanno sì che il risultato del Referendum del 1946 non è detto che esprima la volontà maggioritaria di chi aveva diritto al voto.
Io non sono monarchico, ma RISPETTO LA VOLONTA’ POPOLARE e pretendo che uno Stato rispetti la legge.

Per tanto devo affermare che il Referendum del 1946 E’ NULLO perché non è stato valevole per esprimere la volontà popolare del popolo italiano.

Il RISULTATO REFERENDUM del 1946 è nullo perché:
- non è l’espressione certa della maggioranza degli aventi diritto al voto
- probabilmente avrebbe vinto la monarchia, anche se non è certo neppure questo
- le modalità del passaggio di poteri sono oscure e macchiate da minacce alla casa regnante da parte di importanti esponenti politici
Di conseguenza, LEGALMENTE LA REPUBBLICA ITALIANA NON ESISTE.

A chi parla del “troppo tardi” si deve dire : può essere democratica e legale una repubblica che nasce dalla NEGAZIONE DEL DIRITTO DI VOTO ?
La Repubblica Italiana è un FALSO, è illegittima, è giuridicamente INESISTENTE, e i diritti umani pretendono verità e la revisione delle Istituzioni attraverso dei referendum territorio per territorio autogestiti dalla cittadinanza, anche quella di Istria e Dalmazia.
Per gli stessi motivi, le cessioni di territorio sottoscritte dai Repubblicani saliti al potere dopo il referendum, e i loro successori, NON SONO VALIDI per difetto di rappresentanza: come può un abusivo senza titolo cedere la proprietà altrui?

Loris Palmerini
Presidente del Tribunale del Popolo Veneto
2006

venerdì 25 aprile 2008

IL VERO VOLTO DELLA RESISTENZA

Se la vita glielo avesse consentito, il piccolo Gianfranco Gianotto avrebbe oggi 76 anni. Magari avrebbe avuto dei piccoli nipoti a cui raccontare le memorie della guerra, di un passato scomparso. Forse, ma la vita gli è stata brutalmente strappata all’età di soli 13 anni, perché colpevole di essere figlio di un militante delle Brigate Nere di Chieri.
Ma Gianfranco Gianotto non fu l’unico né l’ultimo ad essere ucciso in prossimità della “liberazione”, di quel 25 aprile di cui ci si appresta a commemorare con sciagurata festività il 63° anniversario.
Mentre a Genova, Milano, Torino, Bologna e in altre città italiane si svolgono i festeggiamenti di una data che non è nazionale perché non rappresenta un momento di gioia ed unità di tutto il popolo italiano - anzi tutt’altro - è bene dare voce a chi non ha voce, guardare l’altra faccia della memoria: i vinti, le vittime, gli sconfitti. Tutti coloro che il 25 aprile lo subirono, non lo fecero. Si tratta di migliaia e migliaia di uomini, donne, vecchi, fanciulli cui, dal 25 aprile in poi, fu strappata la vita, proprio come al piccolo Gianfranco Gianotto, per la sola colpa di trovarsi dalla “parte sbagliata”, dalla parte dei vinti, in un vortice sempre più sanguinoso di resa dei conti.
La maggior parte colpevoli di essere fascisti o presunti tali, altri colpevoli solo di avere un fratello, un amante, un figlio, un padre o un parente qualsiasi arruolato nelle formazioni della Repubblica Sociale per patriottismo o necessità, colpevoli anche senza avere commesso un solo reato.
Il loro numero oscilla tra i 20 mila e i 50 mila scomparsi, torturati e uccisi a partire dal 25 aprile 1945, data che per i loro discendenti non potrà mai essere festa.
Loro sono stati cancellati, rimossi e dimenticati dalla storia, dai vincitori, dai “liberatori”. Spesso la memoria degli sconfitti nella guerra civile italiana è persino più pesante delle tragedie che la precedono:

"Quando ero piccola avevo un incubo notturno: vedevo papà senza testa, decapitato dai partigiani", "Mio fratello scomparve e il suo corpo non l’abbiamo mai ritrovato", "Sono la figlia di uno dei cento fucilati sulla sponda del Piave", "La mamma è stata uccisa perché aveva un figlio arruolato nella Repubblica Sociale", "Quei due giustiziati erano i miei nonni", "Del corpo di mio padre erano rimaste soltanto le mani: le bellissime mani di un poeta".
Questi sono stralci di storie dolenti, persone che di quelle vendette sono state vittime incolpevoli, travolte dagli orrori della resa dei conti quando erano ragazzi o bambini. Persone adesso lacerate dal lungo silenzio loro imposto dai vincitori, i “buoni”, i “liberatori”.
E’ a loro che, in occasione del 25 aprile, va il nostro pensiero, perché due volte vittime: dei partigiani e del silenzio. Questo, per capire cosa fu realmente il 25 aprile.
Non data che segnò l’inizio della liberazione, ma data che per loro segnò l’inizio della persecuzione. Non, dunque, data da festeggiare, ma da commemorare come una delle più grandi tragedie del nostro Paese.
Cosa fu, dunque, la Resistenza? Più la ricerca storiografica approfondisce lo studio di quegli anni, più la Resistenza cessa di essere un mito, e ci appare un crocevia problematico, carico di divisioni, di limiti, di progetti caduchi. Nel linguaggio storico Resistenza significa, per antonomasia, la ribellione di coloro che decidono di combattere per liberare i vari paesi europei occupati dai tedeschi durante la seconda guerra mondiale.
In Italia però la questione è più complessa, si può dire che gli eserciti invasori fossero due: gli anglo-americani al sud, i tedeschi al nord. I primi - nemici di ieri - divennero “amici”, i secondi - amici di ieri -divennero “nemici”.
Fu così che gli italiani si trovarono a fare due scelte differenti: o combattere al fianco degli ex alleati per riscattare l’onore nazionale tradito dall’armistizio e ricacciare l’americano invasore, o schierarsi contro i nuovi padroni calati dal nord. Chi fosse nel giusto e chi nel torto spetta alla storiografia valutarlo, sta di fatto che la scelta cui molti italiani furono volenti o nolenti sottoposti, determinò l’inizio della guerra civile, una guerra fratricida spietata che non risparmiò nessuno, basata su rappresaglie e contro-rappresaglie.
Essendo però una guerra civile ideologica, basata sullo scontro tra ideologie, per forza di cose il ruolo predominante all’interno della Resistenza fu assunto dal comunismo che intendeva instaurare in Italia una dittatura bolscevica sul modello di quella sovietica. La Resistenza arrivò così ad identificarsi col comunismo in lotta contro il “nazifascismo”, divenendo il suo braccio armato nel processo di conquista dello Stato (1943-1948). I comunisti armarono vere e proprie squadre terroristiche, fanatiche e risolute nella lotta: i GAP e le SAP. Queste squadre avevano il compito di attentare alle unità tedesche per poi fuggire nuovamente sui monti. Ciò provocava l’esposizione della popolazione inerme alla rappresaglia dei nazisti.
Col tempo, l’obiettivo della Resistenza, quindi del comunismo, non fu più solo quello di lottare contro le agonizzanti forze tedesche e la Repubblica Sociale. Essa si propose di realizzare in toto un cambiamento rivoluzionario della società per fare il passo all’instaurazione di una Repubblica sul modello sovietico, fondata quindi sull’ideale bolscevico.
Per questo furono create vere e proprie liste di proscrizione e organi epurativi per far fuori tutti i nemici interni da eliminare: partigiani anticomunisti, carabinieri, sacerdoti, poliziotti, finanzieri, insegnanti, dipendenti pubblici, artigiani, medio - borghesi e ovviamente fascisti.
Emblematica la vicenda del filosofo Giovanni Gentile, freddato nel marzo 1944 in procinto di entrare nella propria casa. La sua colpa fu solo quella di volere la riconciliazione di tutti gli italiani, contro ogni fanatismo estremistico.
O anche la vicenda del sacerdote don Luigi Lenzini, trucidato dopo sevizie e torture nel luglio ’45.
Questo volto della Resistenza, una Resistenza diversa da quella che siamo abituati a conoscere, si contrappone alla Resistenza buona, animata da nobili intenti e grandi ideali di libertà.
Nel marzo 1991, in seguito ad una segnalazione anonima, è stata scoperta a Campagnola (RE) una delle tante fosse comuni scavate dai partigiani e riempite con i resti di persone assassinate durante e dopo la fine della guerra. Proprio l’Italia del Nord fu il centro di vendette e omicidi anche dopo la fine della guerra. Gruppi come “Giustizia Proletaria” o la “Volante rossa” continuarono per alcuni anni ancora a mietere vittime, persone uccise per l’infame odio di classe.
Questo è il volto della Resistenza che voglio ricordare in occasione del 25 aprile, una festa che per molti non lo è stata o non lo è. E’ giusto che tutti possano conoscere anche questo aspetto della Resistenza, al di la dei miti e della retorica ideologica. Bisogna rammentare quello che fu un periodo storico non lontano del nostro Paese, le cui code polemiche si mantengono vive al giorno d’oggi. E’ recente la data in cui il noto giornalista Giampaolo Pansa pubblicò “Il Sangue dei vinti” ed altri libri dedicati alla storia taciuta degli sconfitti del 25 aprile, libri che hanno alzato un alone di violenta polemica. E’ di questi giorni la dichiarazione di Gustavo Selva, senatore uscente del Pdl, che ha proposto “l’abolizione della festa nazionale del 25 aprile”, infatti afferma Selva “per la retorica e i falsi che sono stati fatti, viene attribuito alla Resistenza e alla vittoria dei partigiani un merito che non c’è stato”.
Questo dimostra che, nonostante siano passati 63 anni da quei fatti, essi non sono poi così distanti da noi e si inseriscono a pieno nella vita culturale del nostro presente, così come condizioneranno il nostro futuro. L’importante è non dimenticare e fare i conti con il nostro passato perché questo non accada più.

Claudio Cantelmo